Il ricorso dell’azienda
a un consulente esterno in ambito Security


Gli imprenditori sono in generale poco informati sui rischi legati a una scarsa prevenzione in fatto di Security nella propria azienda e nei confronti dei propri dipendenti e collaboratori, andando così incontro a possibili conseguenze che possono risultare decisamente gravose in ambito amministrativo, civilistico e penale non soltanto per l’impresa bensì anche per l’imprenditore in prima persona. Vi sono, infatti, una pluralità di sanzioni che si aggiungono a possibili responsabilità risarcitorie incombenti su chi, pur essendovi tenuto, non adempia agli obblighi in materia di salute e sicurezza, poste a presidio del rispetto della normativa in questione, che spaziano dalla semplice prescrizione alla sanzione amministrativa, alla sanzione penale, fino alla possibilità, a norma dell’art. 14 del D. Lgs. 81/2008, di sospensione dell’attività imprenditoriale «in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate» (si ha reiterazione nel caso in cui, «nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione dell’organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto commette più violazioni della stessa indole»).

L’All. I del citato decreto indica tra le gravi violazioni la cui reiterazione può comportare la sospensione dell’attività imprenditoriale la mancata: elaborazione del documento di valutazione dei rischi, elaborazione del piano di emergenza ed evacuazione, formazione ed addestramento, costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile, elaborazione piano operativo di sicurezza (POS).

Tra i reati applicabili alle imprese sulla base del D. Lgs. 231/2003, che disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reati, vi è anche l’omicidio colposo e le lesioni colpose gravi e gravissime commesse con violazioni delle norme sulla tutela della salute e sicurezza del lavoro. La giurisprudenza ha, a più riprese, affermato che il datore di lavoro non sfugge alle proprie responsabilità nemmeno nel caso in cui l’evento infortunistico sia da essere causalmente collegato a una condotta negligente e/o imprudente del lavoratore, avendo egli l’onere di valutare (e prevenire) anche i rischi che possono derivare dall’avventatezza degli stessi lavoratori (fatta salva l’ipotesi in cui la condotta del lavoratore sia del tutto esorbitante rispetto alle mansioni affidategli, tanto da ingenerare condizioni di rischio imprevedibili e, come tali, non valutabili a priori).

Un’efficace organizzazione interna, però, potrebbe non risultare sufficiente nei casi in cui il datore di lavoro fosse chiamato a confrontarsi con fattori di rischio del tutto alieni alla sua attività imprenditoriale, come il rischio criminoso e terroristico. Accanto quindi a una puntuale elaborazione di procedure interne, può assumere rilevanza il ricorso a professionalità esterne all’azienda, che dispongano delle conoscenze idonee per realizzare una puntuale valutazione del rischio, per individuare le migliori procedure e misure di sicurezza da adottare e per salvaguardare i lavoratori, curandone, nel caso, la formazione specifica e la protezione in contesti in cui il rischio individuato si palesi, altrimenti difficilmente mitigabile.


In poche parole:


il consulente esterno deve disporre di un idoneo compendio di conoscenze, esperienze e capacità di operare anche all’esterno del contesto aziendale per garantire tanto una completa valutazione del rischio criminoso e terroristico quanto una effettiva capacità di governare e mitigare il rischio medesimo.